
Ti hanno sempre detto: “ trend is your friend- la tendenza è tua amica-“ e “taglia le perdite e lascia correre i guadagni”. Invece il tuo comportamento oggi ti fa constatare: “Ah se avessi tenuto quel titolo che poi è volato … se avessi venduto prima quel cadavere nell’armadio”. Ragioniamoci sopra.
Antonio Normale, un risparmiatore che abita a Risparmiopoli, possiede da tempo cinque fondi comuni di investimento; a suo dire tre vanno bene e due no. A causa della rottura di una tubazione ha deciso di rifare il bagno di casa per cui deve disinvestire 10000€.
D’intesa con sua moglie decide di liquidare metà di ciascun fondo dei migliori, seppure sconsigliato dal proprio consulente finanziario. Quindi intende mantenere in portafoglio fondi tipo A che da dieci anni sono sotto benchmark e vendere i fondi tipo B che invece lo battono.
In un ristorante incontra tempo dopo Augusto Defurbi, a capo di un’azienda in cui lavorano fin dalla fondazione 20 operai. Dal confronto emerge il diverso comportamento dell’imprenditore in tempo di crisi. Augusto infatti ha deciso di rinunciare a 3 dipendenti tra i meno bravi; inoltre, per far fronte ad esigenze di liquidità, ha venduto i peggiori fondi comuni tra quelli che compongono il proprio portafoglio.
Antonio vuole fare luce sul proprio comportamento al fine di comprenderne le motivazioni e sceglie di farsi aiutare dallo psicologo Dario Cervelloni. Il professionista adotta un esempio per introdurre il tema della finanza comportamentale: se camminiamo per strada e ci cade 1€ in un tombino, trovare 5 minuti dopo 1€ per terra non basta a lenire il nostro dolore. In media servirebbero dai 2 ai 3€ affinchè ciò avvenisse. Razionalmente è un discorso che non ha senso: alla fine della giornata il saldo è zero per cui dovremmo essere indifferenti eppure rimane quella live sensazione di tristezza che non riusciamo a scrollarci di dosso.
Il dott Cervelloni rimarca il concetto con un altro caso e dice: “immagini che a pochi minuti dalla chiusura si rende conto che la partecipazione in Unicredit vale 300€ in meno di stamattina mentre quella in Finmeccanica vale 300€ in più. Lei è ricco esattamente come lo era all’inizio ma è sicuro di essere in pareggio anche emotivamente?”.
Lo psicologo, al fine di promuovere la consapevolezza nei propri comportamenti affronta le stranezze della mente tipo l’ “avversione alle perdite”, per arrivare al “condizionamento emotivo del rimpianto”. Di quella sensazione cioè che prova un investitore dopo essersi reso conto di aver fatto la scelta sbagliata, credendo quindi che una decisione diversa lo avrebbe condotto a un risultato migliore.
E’ proprio il rimpianto, in caso di bisogno di liquidità, a portare spesso l’investitore a vendere e liquidare in conto l’investimento che in passato si è comportato meglio, tenendo invece in essere quello perdente, deprezzato, e che probabilmente continuerà a fare peggio. Questa tendenza si chiama anche disposition effect e trova risposta nel fatto che vendere lo strumento che ha perso valore genera appunto il rimpianto per un’azione, quella della vendita, fatta ormai troppo tardi, prendendo così atto di un errore compiuto.
A causa del disposition effect, questo subdolo nemico, dunque gli individui tendono a vendere le posizioni in utile troppo presto e a mantenere in portafoglio i titoli in perdita troppo a lungo. Uno dei più convincenti studi in materia è stato proposto nel 1997 da Weber e Camerer che ha analizzato un campione casuale di 10.000 clienti di un discount broker22 statunitense rilevando come in media gli investitori detengano le posizioni in perdita per un periodo medio di 124 giorni e quelle in utile per un periodo medio di 104 giorni.
Procrastinare la vendita della soluzione in perdita allontana così il momento del dispiacere conseguente. Una volta che le cose sono avvenute si tende a pensare che in fondo si potevano evitare.
Questo, in realtà, non è vero nella vita e non è vero neppure nella finanza.