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#60! … anni?

By marzo 13, 2022 No Comments

“Quanti anni ho? È evidente che un uomo, alla mia età, non può averne di più” Petrolini. Forse … avrai una certa età!

I baby boomers, figli del boom demografico occidentale che va dal 1946 al 1964, venivano descritti così da L Ravera nel 2000: “… una schiera compatta e smarrita. Non sono più giovani. Non sono ancora vecchi. Non riescono a immaginare la loro morte, come tutti gli esseri umani, né la loro maturità. E questo accade solo a loro … non hanno conosciuto guerre a differenza dei genitori e nonni. Hanno superato i genitori in termini di benessere economico, salute, aspettativa di vita. Ora, arrivati alle soglie della vecchiaia, sono ancora una volta in prima linea per scardinare i vecchi stereotipi”. Partecipi di cambiamenti che si realizzavano in centinaia di anni mentre oggi si concentrano in pochi decenni.
Ad esempio la famosa piramide demografica non è più tale ma sempre più affusolata ed insieme ad altri fattori sta modificando la narrativa della pensione=meritato riposo. Nel 2025 la Silver Economy riguarderà il 43% della popolazione europea e sarà, spiega J Coughlin, la terza maggiore economia al mondo, dopo gli Usa e la Cina. Frutto di un gap generazionale tra l’idea comune di vecchiaia e le reali aspettative dei senior, perciò l’invecchiamento va ridefinito come un’opportunità piuttosto che un problema.

Nei neo pensionati dei paesi sviluppati sono nati nuovi paradigmi, bisogni e aspettative perché le loro performance sono di fatto cambiate. Infatti oggi un 65 enne tende ad avere una forma cognitiva e fisica di un 40 enne di 30 anni fa, mentre un 75 enne quella di un 55 enne di 40 anni fa. Pertanto si parla di giovani anziani tra i 65 e i 75 anni, anziani 75-84 anni, grandi vecchi 85-99 anni e centenari. “Un uomo sa quando sta diventando vecchio perché comincia ad assomigliare a suo padre” G G Márquez.

adolescenti fino a 30 anni

Il ciclo di vita si è trasformato, tutto si è spostato in avanti. La figura dell’adolescente 30enne è un classico e i 40 anni sono la soglia da raggiungere per arrivare ad un’immagine stabile di sé. Allora quando si diventa adulti? Quando perderai i tuoi genitori dice G Salem ovvero quando si perdonano i genitori perché “… non hanno saputo fare di meglio” A De Simone. Dopo i 40/50 non possiamo usare le stesse cose che usavamo da giovani, diceva Jung, è il momento di fidarsi di noi, di scoprire nuovi modi. Dopo la maturità, con l’apertura al nuovo, si forma la giovinezza della mente, la realizzazione di ciò che sei. Entri nel “regno delle radici” delle tue radici, della tua unicità.

“La vecchiaia non può essere compresa se non nella sua totalità; non è soltanto un fatto biologico, ma un fatto culturale” S De Beauvoir. La nostra è un’epoca di denatalità, lavoro precario, di forme organizzative instabili come la famiglia: ricomposta, multipla, informale. Con la crisi del concetto di comunità sta emergendo un individualismo sfrenato, dove nessuno è più compagno di strada ma antagonista. Questo soggettivismo – così U Eco spiegava Bauman – ha minato le basi della modernità, l’ha resa fragile, da qui una situazione cui, mancando ogni punto di riferimento, tutto si dissolve in una sorta di liquidità. Le uniche soluzioni per l’individuo senza punti di riferimento sono l’apparire e il consumismo; la velocità acquisisce maggior valore a scapito della durata e l’incertezza diventa l’unica certezza.

“La nostra vita è lo strumento mediante il quale compiamo esperimenti con la verità” T N Hanh. Nelle società odierne non è più prevista la mono appartenenza e si parla di identità individuale, culturale, territoriale, nazionale. Sei tante cose allo stesso tempo, fai parte di tanti aggregati sociali: impiegati, ciclisti, padri di famiglia, volontari. Se ti domandi:” cosa sono diventato adesso che vado in pensione? Può aiutarti la multi identità perché, anche quando si fa nebbiosa una delle identità a cui ti ancoravi, le altre forniscono un riferimento usabile in chiave di assicurazione scongiurando così la risposta: “se perdi il lavoro perdi l’identità”.

“La vecchiaia è come tutto il resto. Per garantire il successo di esso, devi cominciare da giovani” T Roosvelt. Ma i tempi cambiano, si può sempre iniziare adesso! Sessant’anni non è una brutta età, se non quando se ne considera la prospettiva, ciascuno comincia a ricordare … l’uomo abile che ha saputo essere … dice J Conrad. Non è un’età solo di bilanci, che si fanno un sacco di volte nella vita, piuttosto un momento per iniziare a ricapitolare i ricordi, a raccontarsi, a ricostruire la realtà. Con la narrazione si dà forma alla propria identità, si fa ordine dentro di sé, si comprende il passato ed il presente, si fa una specie di viaggio formativo. Forse, visto la quantità di insidie che genera, da non fare in aprile, il più crudele dei mesi, in quanto lì si mescolano memoria e desiderio come direbbe T S Eliot!
”L’illusione più pericolosa è quella che esista soltanto un’unica realtà“ Watzlawick. La nostra vita “ricordata” non può essere la somma di tutti i momenti della nostra esistenza; è piuttosto, parafrasando Kahneman, l’insieme delle storie che creiamo nel tempo per dare un senso al passato. Tendiamo infatti a conferire alla realtà un significato specifico a livello temporale o culturale in modo tale che sia in linea con l’idea che abbiamo di noi stessi. Senza rendercene conto cadiamo in questa trappola quando illustriamo contesti percepiti come inspiegabili e incomprensibili con una logica fondata su affetti, emozioni, credenze, desideri, influenze sociali. Inoltre un abbandono, un fallimento, una lite familiare possono prendere il sopravvento nel nostro mondo interno, impedendoci di vedere che noi siamo “altro”, dice Morelli, ben altro rispetto alla storia in cui ci siamo barcamenati.

siamo ben altro

“Un momento splendido i 60 anni per rispolverare le cose che volevamo fare a 40 anni trascurate per dedicarci a figli, casa, lavoro dice la filosofa F Rigotti. A dispetto dei codici culturali, che ci vedono inaridite, rigide e conservatrici, la voglia di amicizia, amore e scoperta persistono … il nostro corpo vive 30 o 40 anni dopo la menopausa e in natura nulla succede per caso. Proviamo a procedere come fanno le talpe: immaginiamo di scavare nella terra alla ricerca di zolle della nostra storia, senza rimpianti o nostalgia. Portiamole alla luce, ammucchiamole in superficie e combiniamole con l’aria e la terra del presente; è allora che questa età rivelerà la sua immensa ricchezza”.
E forse, pensando agli eventi negativi e positivi, comprenderemo che siamo stati noi a scegliere come scriverli nella nostra mente in base a ciò che abbiamo deciso di raccontarci. Quindi ne parleremo, agli altri e a noi stessi, con il concreto rischio di non basarsi su una reale analisi ma in base ai dettagli selezionati tra una ristretta sezione di informazioni disponibili, spesso deteriorate in memoria. A differenza dei computer abbiamo emozioni e bias che deviano il nostro raziocinio e ci fanno concentrare solo sui grandi eventi o sui momenti recenti. Ci fanno giudicare le esperienze passate in base a come sono state al loro picco e a come si sono concluse (“peak end rule”).
“La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla” G G Màrquez. Pensiamo a quanti momenti della vita non ricordiamo più, a quante giornate sono trascorse senza lasciare una traccia. A quanto, di quello che facciamo, sia un cumulo di task, da decantare agli altri e al nostro ego e quanto invece qualitativamente ingrediente della memoria che si tramanda, con le sue umane incongruenze, nel tempo. Affrettati lentamente, è la chiave ossimorica per consegnare le nostre gesta al futuro: essere presenti a quello che si compie, continuando ad avanzare.

È dimostrato che invecchiando si diventa emotivamente più stabili, meno stressati e con più coraggio di seguire interessi che gli altri scoraggiano. Si placano invidia, rimorsi, paure; si fa pulizia nella mente e si lascia spazio solo per le cose che contano davvero. Si è più accomodanti verso sé stessi, più felici con quello che si ha. Vi è più prudenza, empatia, comprensione e molta più intelligenza emotiva grazie alle esperienze, alle situazioni difficili affrontate e i conflitti risolti. “La tragedia della vecchiaia non è di essere vecchi, ma di essere ancora giovani” O Wilde.

consapevolezza=gioia

A Stone ha fatto una ricerca sull’andamento del livello della felicità al crescere degli anni constatando che è rappresentato da una curva ad U, dove il primo estremo in alto corrisponde ai 20 anni, mentre il secondo oltre i 60. In mezzo c’è una grande caduta che tocca il minimo fra i 40 e i 50. Uscire feriti dalle battaglie della vita insegna che ci sono mille cause che possono farci soffrire, ma ci sono mille e una ragione per recuperarsi e proseguire. “Il dolore della vita è come il sale. La quantità di dolore è sempre la stessa, ma il grado di amarezza che percepiamo dipende dal recipiente nel quale versiamo la pena. Pertanto, quando provi dolore, tutto quello che devi fare è espandere la tua prospettiva delle cose. Smetti di essere un bicchiere d’acqua e trasformati in un lago” disse il maestro stanco di sentire le lamentele dell’allievo.

alba o tramonto?

M Boldrini ha dimostrato che il cervello si rigenera sempre, ma diminuiscono i capillari per cui la memoria si affievolisce e si diventa meno lucidi. “Dicono che la vecchiaia sia l’età del tramonto, ma ci sono tramonti che tutti si fermano a guardare” R Gere e ricordiamo che solo al tramonto il cielo si infiamma. Un’età in cui c’è più coraggio di un tempo per chiudere relazioni ormai vuote di significato ma anche, come dice Vecchioni, di innamorarsi di nuovo del partner di una vita. “Io di mia moglie mi sono innamorato tre-quattro volte, tutte differenti: a 50, 55, 60, 65 anni, tenendo conto sia della parte spirituale che corporale”. La vecchiaia? Uno stato di grazia e forse di maggior amor proprio. “Non permetterò a nessuno di camminare nella mia mente con i piedi sporchi” M Gandhi.

” La gioventù, a cui si perdona tutto, non si perdona nulla; alla vecchiaia, che si perdona tutto, non si perdona nulla” G B Shaw. Tanta letteratura, da Dickens a Balzac, ci ha abituato a pensare alla vecchiaia in termini negativi come anticamera della morte. Al contrario in Africa dicono che, quando un vecchio muore, è una biblioteca che brucia. Invecchiando io rivelo il mio carattere, non la mia morte – disse J Hilmann – la faccia del vecchio è un bene per il pubblico, è un atto di verità, la faccio io … bisognerebbe … considerare il lifting un crimine contro l’umanità. Così come il carattere guida l’invecchiamento, l’invecchiamento guida il carattere. Anche M Monroe era sulla stessa linea:” io voglio avere il coraggio di essere leale al viso che mi sono creata”. Quindi solo durante la vecchiaia è possibile raggiungere la piena espressione della personalità, è in quegli anni che diventiamo quello che siamo davvero; invecchiare è una forma d’arte.

“Dentro una persona anziana c’è una persona più giovane che si sta chiedendo cosa diavolo sia successo” T Pratchett. Con la mente conquistata a 60 anni si può vedere la realtà com’è e non come si pensava che fosse. C’è qualcosa di più triste che invecchiare, ed è rimanere bambini disse C Pavese. Allora qual è la vera età dell’oro? Quella che stiamo vivendo è la vera età dell’oro: una risposta valida ad ogni età. Da ribadire agli stupiti over 60, che toccano con mano quanto la vecchiaia sia la più inattesa tra tutte le cose che possono capitare ad un uomo direbbe L Tolstoj.

Disse N Hikmet: “la vita non è uno scherzo … Prendila sul serio ma sul serio a tal punto che a 70 anni pianterai degli ulivi non perché restino ai tuoi figli ma perché non crederai alla morte pur temendola, e la vita peserà di più sulla bilancia”. I romani possono insegnarci qualcosa a riguardo: quando un generale rientrava nell’urbe dopo una grande vittoria e sfilava in “trionfo”, per evitare il rischio di essere sopraffatto dai deliri di onnipotenza, si faceva dire ad uno schiavo, nel momento culminante:” guarda dietro di te! Ricordati di essere un uomo!” Il famoso “ricordati che devi morire” era anche un invito a riconoscere il lato effimero della vittoria. Una spinta a vivere, a non sprecare il tempo; negare la morte infatti porta a ingabbiare la vita. Gandhi soleva dire:” ogni sera, quando vado a dormire, muoio. E la mattina dopo, quando mi sveglio, sono rinato”.

Ecco a 60 anni è giusto investire emotivamente e concretamente su qualcos’altro, come l’atleta a fine carriera che, cosciente dell’indifendibile declino, rilancia su altri terreni. È utile porsi una domanda: come mi vedo a 70 anni? In base alle risposte ognuno farà da subito un piccolo programma senza puntare a mete difficili. Disse Seneca: ”ci vuole tutta una vita per imparare a vivere e, ciò che forse ti stupirà di più, ci vuole tutta una vita per imparare a morire.

conosci te stesso

Ad una certa età, dopo aver danzato a lungo con il tempo, si è imparato a resistere alle tentazioni, ad evitare di procrastinare, a costruirsi una routine di abitudini efficaci. “Nessuno è libero se non è padrone di sé stesso” Epitteto. Secondo Kahneman la felicità sta in questa sottrazione: il tempo speso a fare le cose che vogliamo fare –meno- il tempo speso a fare le cose che non vogliamo fare. Si è anche più avvezzi all’autodisciplina, ovvero a limitare quella “macchina del piacere immediato” che è il cervello rettiliano dice P Trabucchi. Una volta si chiamava “forza di volontà” mentre oggi le neuroscienze preferiscono autoregolazione. Ogni volta che ci imponiamo un piccolo passo in avanti rinforziamo anche questa competenza generale, rendendola più pronta e potente per i successivi balzi in avanti che ci aspettano.
Noi non siamo mai più fedeli a noi stessi di quando siamo incoerenti, diceva O Wilde. Esistono lati sconosciuti del cuore che a volte emergono inaspettatamente e ci fanno dire, dopo aver compiuto un’azione inconsueta: “ma quello non sono io”. Al contrario questa contraddizione rimette in discussione l’idea che abbiamo di noi ed è quindi fondamentale per ringiovanire, ci “precipita” in un caos creativo. “Gli uomini, anche se devono morire, sono nati non per morire, ma per incominciare” H Arend.

un grande presente

C’è un pò d’ironia, nel fatto che i bambini immaginano che i genitori possano fare quello che vogliono, mentre i genitori immaginano che i bambini facciano quello che vogliono. ” Quando sarò grande …” è il parallelo di:” Oh, poter tornare bambino … disse S Firestone. È alla portata di tutti rimanere sempre un po’ esploratori altrimenti, come dice M Angelou, la maggior parte delle persone non cresce. La maggior parte invecchia. Trova parcheggi più grandi, onora le carte di credito, si sposa, fa figli e la chiama maturità. Questo io lo chiamo invecchiare. Allora, affinché la vecchiaia non sia una ridicola parodia della nostra esistenza interiore, continuiamo a perseguire fini che offrano un senso alla nostra vita. Che sia la dedizione ad individui, collettività, cause, opere sociali o politiche, intellettuali, creative; il campo è aperto. “… Ho imparato ad andare: da quel momento mi lascio correre. Ho imparato a volare: da quel momento non voglio più essere urtato per smuovermi. Adesso sono lieve, adesso io volo, adesso vedo al di sotto di me …” Nietzsche.

Marco Biagioli

Author Marco Biagioli

Marco Biagioli, consulente finanziario e pubblicista, collabora a diverse testate finanziarie. tel 3483856053

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