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VIAGGIO nel WEB tra ECONOMIA e FINANZA ( I. parte)

By novembre 3, 2017 No Comments

L’uomo del nostro tempo è disorientato dalla mole di “informazioni stile Blob” che provengono dall’economia e dalla finanza, perciò trova difficoltoso anche un innoquo dialogo sul debito pubblico o sulla borsa. Il logico luogo di approfondimento è il Web.

“Ci sono due problemi nella mia vita. Quelli politici sono insolvibili, mentre quelli economici sono incomprensibili” A D Home. I dati sulla Finanza e sull’Economia albergano in maniera confusa in una mente già caratterizzata dal predominio delle emozioni sulla ragione. Nelle comuni conversazioni, tra i primi inappropriati pensieri generati da questo “frullato”, può avere la meglio l’immagine della banca sotto casa ovvero il discorso del nonno sui risparmi oppure l’esperienza delle azioni Tiscali nel 2000. Può succedere che sorgano, per guadagnare tempo o per mascherare l’ignoranza, strane associazioni tra parole che iniziano per “f” di finanza: fiscal compact, fiat, finanziario, forbice, forza, frattale. Ovvero prevalere, in una sorta di gara fra ricordi, un recente discorso della Littizzetto: “dai giornali non si capisce nulla…Quando trattano di economia è come se parlassero in aramaico stretto…leggi: “RBS e Santander a un passo da ABN… che uno pensa di avere il giornale al contrario. È tutto un kamasutra di sigle…cioè chi l’ha messo in quel posto a chi”.

Insomma è impegnativo discutere di materie indigeste come l’economia, la finanza, la matematica. Tuttavia il bisogno di conoscenza spinge verso l’approfondimento al computer: un lento viaggio attraverso i siti web. “Quando vivi in un luogo a lungo, diventi cieco perchè non osservi più nulla. Io viaggio per non diventare cieco” J Koudelka. Le parole chiave -economia e finanza- aprono la strada ad un ricco ipertesto in cui spicca l’umorista A Bloch: ”se è verde o si muove, è biologia. Se puzza, è chimica. Se non funziona, è fisica. Se non si capisce, è matematica. Se non ha senso, è economia o psicologia”. Il nobel A Gide viene spesso citato: “quando un economista vi risponde, non ci si ricorda più che cosa gli avete domandato”. Un’espressione di I Silone fa riemergere i racconti di famiglia sulla vita fra le due guerre e sul periodo di benessere successivo: ”l’operaio di una città moderna usufruisce oggi di un benessere materiale superiore a quello di un nobile dei secoli scorsi”. Il viaggio fra i siti evidenzia però che solo una minoranza della popolazione mondiale oggi accede all’università.

Un link del nobel A Sen parla delle correlazioni tra stato sociale, cambio, disoccupazione, carestie e democrazie: “quando tra i diversi Paesi hai differenziali di crescita e di produttività, servono aggiustamenti dei tassi di cambio. Non potendo farli, si è dovuto seguire la via degli aggiustamenti nell’economia, cioè più disoccupazione, la rottura dei sindacati, il taglio dei servizi sociali. Costi molto pesanti che spingono verso un declino progressivo… è difficile trovare un caso in cui si sia verificata una carestia in un paese che avesse una stampa libera e un’opposizione attiva entro un quadro istituzionale democratico”.

La finestra aperta nel web contiene siti frequentati da un pubblico interessato al reddito di cittadinanza ed alla MMT; si può approfondire come il capitalismo nordeuropeo abbia contenuto l’inflazione, problema irrisolvibile secondo alcuni. “É doveroso evitare lo spauracchio dell’ inflazione ma, altresì, quello della deflazione” G Auriti. Parafrasando G Arrighi, quando la produzione di beni e il commercio non bastano più a garantire alti profitti, l’accumulazione di capitale si sposta nella sfera della finanza. Ne conseguono instabilità economica, incertezza politica e nuovi conflitti sociali. Il capitalismo si è evoluto attraverso una sequenza di “lunghi secoli” ciascuno dei quali ha insediato una nuova potenza al centro dell’economia-mondo. Al capitalismo genovese e veneziano seguì nel XVII secolo un ciclo economico olandese, la cui crisi aprì la strada all’impero britannico e infine alla leadership globale degli Stati Uniti. La cosa che accomuna Eurozona, Stati Uniti, Regno Unito e Giappone è l’esplosione del debito pubblico. Le economie dei paesi emergenti e dell’occidentale Australia sono praticamente libere dalla zavorra debito. “I debiti sono la schiavitù degli uomini liberi” P Siro. Americani e britannici con un inaudito quantitative easing hanno anche evitato la recessione e creato posti di lavoro rispetto all’Eurozona.
Le parole chiave finanza ed economia inserite in un nuovo browser di navigazione conducono a siti web noti al grande pubblico per trattare eventi storici. Tra questi l’archivio storico della Camera dei Deputati offre documenti desecretati propedeutici ad una lettura di riflessione così rara rispetto ai tempi rapidi dei media. Inoltre un forum, noto ad un ristretto pubblico del web, porta agli studi di T Flichy de La Neuville e O Hanne. Si dimostra che un forte debito pubblico, detenuto da mani straniere, è un fattore determinante del tramonto del potere di uno stato in quanto ne condiziona la politica estera e modifica i rapporti di forza internazionali. Il debito fu lo strumento con cui Atene legò a sé le città greche, mentre gli astuti romani si premuravano di far indebitare con sé i re dei paesi vassalli, ma non indebitavano lo Stato romano, semmai l’imperatore in persona. Alla sua morte il debito si estingueva. Napoleone basò la forza del suo Impero sulla totale assenza di debito pubblico, che invece gravava sugli altri stati. L’insostenibilità del debito fu uno dei principali strumenti attraverso cui prese corpo il colonialismo: Cina, Egitto e Impero Ottomano furono sommersi di denaro europeo, poi quando i sovrani locali non furono in grado di ripagare i prestiti arrivarono gli eserciti, oppure accordi commerciali imposti con la forza. In tempi più recenti, gli Stati Uniti hanno legato a sé l’Europa occidentale con gli aiuti del Piano Marshall, ma anche col debito contratto dai paesi della Triplice Intesa durante la Prima Guerra Mondiale e da quelli della Nato dopo la Seconda con le banche americane. Infine, dopo un periodo di eclissi geopolitica, la Russia è tornata in evidenza sul piano internazionale in coincidenza con l’estinzione della maggior parte del suo debito pubblico. I due studiosi affermano inoltre che la china del debito irreversibile è stata imboccata a partire dal Rinascimento, quando la visione giudaico-cristiana dell’uomo è stata messa in soffitta ed il debito pubblico e privato del passato, transitorio e contrassegnato dal senso di colpa del debitore come del creditore, si è trasformato in debito pubblico permanente e considerato virtuoso.

G Zibordi e C Bertoni, in uno studio sul debito pubblico, hanno evidenziato che negli ultimi trenta anni lo Stato ha pagato più di 3.000 miliardi di interessi. Il problema italiano è lì non nei deficit eccessivi. Propongono la creazione di una banca statale per finanziarlo come accade già in Germania e Francia grazie all’articolo 123 del TFUE. Anche l’Italia potrebbe così ridurre le tasse in modo sostanziale, uscire dalla depressione economica e tornare in linea con gli altri paesi grazie ad un risparmio annuo di 70-80 miliardi su 2000 di debito pubblico. Lo stato italiano è infatti un ottimo “pagatore”, in attivo negli ultimi 20 anni di 500 miliardi al netto degli interessi. Ciò non crea rischi alle banche pubbliche e non richiede accantonamenti in base ai regolamenti europei, per cui le banche non devono aumentare il loro capitale. Il programma di Draghi chiamato “LTRO” ne è la dimostrazione: le banche hanno comprato centinaia di miliardi di BTP senza accantonare alcun capitale addizionale.

Sulla stessa scheda vari siti mostrano l’importanza della consapevolezza umana e quali impatti negativi abbia la sua scarsità. “Nel nostro tempo la sventura consiste nell’analfabetismo economico, così come l’incapacità di leggere la semplice stampa era la sventura dei secoli precedenti” E Pound. Uno studio di Chomsky, 10 regole della manipolazione mediatica, chiarisce la reale percezione della politica da parte del pubblico. Mentre S Butler racconta: “ho contribuito alla distruzione di almeno mezza dozzina di Repubbliche del Centro America per il solo profitto di Wall Street”. Un pensiero di F Caffè evidenzia con decenni di anticipo il pensiero odierno: “Al posto degli uomini abbiamo sostituito i numeri e alla compassione nei confronti delle sofferenze umane abbiamo sostituito l’assillo dei riequilibri contabili”. “C’è di mezzo il senso di una intera civiltà. Che essa appaia asservita al suo sistema finanziario, piuttosto che esserne come dovrebbe la padrona, è un segno che la crisi economica è diventata crisi di civiltà. Che sia stato il suo stesso sistema politico a costruire dall’interno gli strumenti del suo asservimento alla finanza attesta non meno la gravità della crisi, quanto gli ostacoli che si oppongono al suo superamento” L Gallino.

La situazione economica internazionale ha molto spazio nel web e questo viaggio fra i siti permette di conoscere, grazie a Oxfam, che nel 2015 sessantadue individui possedevano da soli la ricchezza di 3,5 miliardi di persone, la metà più povera della popolazione mondiale. Ovvero l’1% della popolazione possedeva, fonte Credit Suisse, circa il 49% della ricchezza mondiale. Molti studiosi, da T Piketty a J Stiglitz, hanno chiarito la spinta sottostante a questa tendenza. I loro messaggi fanno toccare con mano la necessità di un’inversione del trend verso una sana ridistribuzione della ricchezza; altrimenti si rischia di soffocare il dinamismo alla base dello sviluppo economico stesso, oltre a generare inutili tensioni sociali o peggio ancora situazioni da primi del 900. “La Mano del Mercato è Invisibile per la semplice ragione che non esiste” J Stiglitz.

La parola chiave capitalismo, è trattata in molti siti del democratico web, come la pubblicità. “Benchè…sia, in linea di principio, fortemente individualista, il capitalismo ha contribuito in pratica a rafforzare la tendenza all’integrazione…Inoltre il benessere economico senza precedenti che le economie moderne hanno prodotto ha fatto sì che potessero essere accettati obblighi sociali che in precedenza nessuno si sarebbe potuto permettere” è il pensiero del nobel A Sen. Di altro avviso è M L King Jr: “E un giorno dobbiamo porci la domanda: “Perché ci sono quaranta milioni di poveri in America?” E quando si inizia a porre la domanda, si sollevano dubbi sul sistema economico, su una più ampia distribuzione della ricchezza. Quando si pone questa domanda, si inizia a mettere in discussione l’economia capitalistica”.
Sullo stesso tema l’opinione di E Fromm: “nel capitalismo l’attività economica, il successo, i guadagni materiali diventano fini in se stessi. Diventa destino dell’uomo contribuire allo sviluppo del sistema economico, accumulare il capitale non per la propria felicità o salvezza, ma come fine in sé. L’uomo diventa un semplice ingranaggio dell’immensa macchina economica”. E di Terzani: ”oggi l’economia è fatta, per costringere tanta gente, a lavorare a ritmi spaventosi per produrre delle cose per lo più inutili, che altri lavorano a ritmi spaventosi, per poter comprare, perché questo è ciò che da soldi alle società multinazionali, alle grandi aziende, ma non dà felicità alla gente”. In questo itinerario tra i siti sul capitalismo spicca un pensiero di H Ford: “è molto apprezzabile che il popolo di questa nazione non comprenda nulla del sistema bancario e monetario. Perché se lo comprendesse, penso che ci troveremmo di fronte a una rivoluzione entro domani mattina”. E ad una sonora frase di Morpheus: ”matrix è controllo mentale. E’ il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per nasconderti la verità”.
Siti di ogni tipo attraggono l’attenzione durante la navigazione nel web; uno in particolare, IDIAVOLI, intende raccontare la finanza dalla sua scatola nera, normalmente inaccessibile al grande pubblico. Ecco la sua descrizione: ”Valute, titoli di stato…aspettare, rischiare…sono tutte manifestazioni dell’enigma finanza. A ogni mossa corrisponde una scadenza. Ma è una variabile a fare la differenza: il tempo. E la velocità ci illude di essere immuni al suo trascorrere…la finanza non è quella che vedi, ma è la lente attraverso cui la osservi. Q E, strette monetarie, memorandum e bolle immobiliari: non è solo materia da addetti ai lavori. È tra le pieghe oscure della finanza che si alterano le percezioni e si condizionano le politiche degli Stati sovrani. È lì che si determinano i nostri destini. La finanza non è soltanto un vertiginoso gioco di prestigio, il livello dello scontro si è alzato oltre i limiti, e quello per cui si lotta non è più un profitto con molti zeri. È la sopravvivenza dell’Occidente così come lo conosciamo”.
Fra ipertesti, link, bunners pubblicitari, questo percorso senza schemi arriva fino a J Rifkin: ”verso la fine degli Anni Settanta è terminata la Prima rivoluzione industriale, nel senso che abbiamo smesso di vivere grazie alla ricchezza che producevamo. Siamo entrati nella Seconda … in cui poco alla volta abbiamo bruciato i nostri risparmi e cominciato a vivere di debito. La crisi finirà solo quando cambieremo il nostro paradigma economico. Dobbiamo passare…alla Terza, per smettere di consumare le ricchezze del passato e tornare a produrre liberando la nostra creatività”.
Per proseguire il viaggio tra economia e finanza è necessario tracciare con forza la nuova “rotta” annotando nel diario di bordo parole chiave e siti preferiti: le biografie di A Graziani e P Sraffa; i link sui libri: “L’Economia raccontata a mia figlia” di A Fourcans, “Storia facile dell’economia italiana” di CM Cipolla, “Economia canaglia” di L Napoleoni, “La globalizzazione che funziona” di J Stiglitz, “Le sette innocenti frodi capitali della Politica Economica” di W Mosler.

Marco Biagioli

Author Marco Biagioli

Marco Biagioli, consulente finanziario e pubblicista, collabora a diverse testate finanziarie. tel 3483856053

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